Recensione di Roberto Oddo
Sono istantanee, immagini non ancora inquadrate, che Lorenzo Avola propone nel suo “Foto senza cornici. Macchine fotografiche senza obiettivo”, edito da La Zisa (96 pp., 9,90 €). A farla da padrone è quel ‘senza’, che non vuol dire rifiuto: semmai, è implicito il valore di un ‘non ancora’ e, con esso, la domanda sulla direzione che prenderanno queste immagini nella sua vita. Lorenzo è giovanissimo, una volta si sarebbe detto classe 1988, sennonché non conosco persona a cui meno si confaccia una simile etichetta militare. Non che gli manchi la combattività: i suoi stessi versi, anzi, sembrano lottare contro le storture di un mondo che rigetta la militanza, a meno che non sia quella appuntata dalle medaglie di qualche eroe. Ma Lorenzo non si vede un eroe (Specchio, specchio delle mie brame) e vuole costruire un mondo di uomini e donne che s’impegnino per il mondo in cui credono, non martiri che diano nomi a strade attraversate da forme molteplici di ‘male di vivere’. Del resto, è proprio qui, in questi scatti per la via, che l’uomo Lorenzo diventa poeta. L’autore dichiara apertamente la difficoltà a sigillare i suoi versi con una formula che semplifichi l’esperienza e ne schiuda il significato: mi pare invece che, a lettura ultimata, l’originalità di questa poesia si apra al colpo d’occhio proprio nei titoli, nel progetto di un viaggio ancora aperto alle sue destinazioni, ma tutt’altro che privo di saldi orientamenti personali. L’autore sintetizza, in forme che matureranno con lui, questa vita in movimento (Autista della sais, Misilmeri, Etna in lontananza) e la rabbia che in molti proviamo rispetto a un mondo che non somiglia nemmeno alle promesse implicite di chi ci vuol bene. In queste cinquanta poesie convergono lo sbracciarsi del giovane sognatore e i momenti di stanca, in forma di versi nominali, senza un verbo a scardinarne l’apparente ineluttabile immobilità, quasi a prendere atto senza sconti di ciò a cui si deve reagire. La vena dialettica di Lorenzo nei confronti della vita si riversa in uno schema poetico libero, orientato al concetto, alla comunicazione con un lettore che si vuole partecipe e capace di immaginare le mille urgenti risposte che vi si pongono.
Sono istantanee, immagini non ancora inquadrate, che Lorenzo Avola propone nel suo “Foto senza cornici. Macchine fotografiche senza obiettivo”, edito da La Zisa (96 pp., 9,90 €). A farla da padrone è quel ‘senza’, che non vuol dire rifiuto: semmai, è implicito il valore di un ‘non ancora’ e, con esso, la domanda sulla direzione che prenderanno queste immagini nella sua vita. Lorenzo è giovanissimo, una volta si sarebbe detto classe 1988, sennonché non conosco persona a cui meno si confaccia una simile etichetta militare. Non che gli manchi la combattività: i suoi stessi versi, anzi, sembrano lottare contro le storture di un mondo che rigetta la militanza, a meno che non sia quella appuntata dalle medaglie di qualche eroe. Ma Lorenzo non si vede un eroe (Specchio, specchio delle mie brame) e vuole costruire un mondo di uomini e donne che s’impegnino per il mondo in cui credono, non martiri che diano nomi a strade attraversate da forme molteplici di ‘male di vivere’. Del resto, è proprio qui, in questi scatti per la via, che l’uomo Lorenzo diventa poeta. L’autore dichiara apertamente la difficoltà a sigillare i suoi versi con una formula che semplifichi l’esperienza e ne schiuda il significato: mi pare invece che, a lettura ultimata, l’originalità di questa poesia si apra al colpo d’occhio proprio nei titoli, nel progetto di un viaggio ancora aperto alle sue destinazioni, ma tutt’altro che privo di saldi orientamenti personali. L’autore sintetizza, in forme che matureranno con lui, questa vita in movimento (Autista della sais, Misilmeri, Etna in lontananza) e la rabbia che in molti proviamo rispetto a un mondo che non somiglia nemmeno alle promesse implicite di chi ci vuol bene. In queste cinquanta poesie convergono lo sbracciarsi del giovane sognatore e i momenti di stanca, in forma di versi nominali, senza un verbo a scardinarne l’apparente ineluttabile immobilità, quasi a prendere atto senza sconti di ciò a cui si deve reagire. La vena dialettica di Lorenzo nei confronti della vita si riversa in uno schema poetico libero, orientato al concetto, alla comunicazione con un lettore che si vuole partecipe e capace di immaginare le mille urgenti risposte che vi si pongono.
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